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Economia - BastaBugie.it

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Uno sguardo al mondo dell'economia senza dimenticare la dignità umana

15 - Il crollo della natalità è la vera origine della crisi economica
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  • 15 - Il crollo della natalità è la vera origine della crisi economica

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3111

    IL CROLLO DELLA NATALITÀ E' LA VERA ORIGINE DELLA CRISI ECONOMICA di Ettore Gotti Tedeschi
    Sono quasi vent'anni che tratto, in ottica economica, temi a difesa della vita, della famiglia, e propongo il crollo della natalità quale origine vera della attuale crisi economica. Sarà forse per questo che una parte del mondo cattolico non mi ama. Sono quasi vent'anni che cerco di spiegare qualitativamente e quantitativamente che senza aumento delle nascite il Pil – di fatto e senza retorica accademica – nel mondo cresce solo se si fanno crescere i consumi individuali.
    Per creare una cultura di consumismo si devono installare nella cervice umana concetti di soddisfazione materialistica al posto di quelli di soddisfazione intellettuale e spirituale. In pratica per sentirsi soddisfatti, materialmente, ci si deve sentire "animali intelligenti".
    Se ciò non fosse non ci si contenterebbe dei beni materiali (in senso lato). Ma la crescita consumistica, quale compensazione di crescita zero della popolazione, non crescendo realmente e in modo sostenibile il Pil, pretende potere di acquisto in crescita. Se quello reale non c'è, si comincia a "mangiar" risparmio per arrivare progressivamente alla magia dell'indebitamento progressivo. In un sistema poi di welfare maturo la non crescita reale del Pil produce la crescita reale dei costi fissi (sanità, pensioni, ecc.) che viene coperto da sempre maggiori imposte, che riducono il potere di acquisto e gli investimenti. Per sostenere detto potere di acquisto necessario ai consumi si delocalizzano le produzioni in Paesi a basso costo. Ma questo, senza strategie alternative, crea vulnerabilià di produzione e occupazione... In pratica crea la situazione cui siamo arrivati. Ma di ciò non possiamo parlare in vera libertà perché il problema, quando dalla diagnosi si passa alla prognosi, viene allora ricondotto ad essere un tema morale. E la morale come orientamento di discussione "scientifico" è rifiutata. I figli non si possono più fare.
    Vorrei prendere questa occasione per invitare il lettore a leggere l'Enciclica di papa Francesco (Lumen fidei) che curiosamente non ha destato l'attenzione dovuta. Forse perché spiega le responsabilità della Chiesa quando si limita ad esser consolatoria e non maestra.
    In Lumen fidei Francesco spiega che l'uomo ha bisogno di verità di riferimento per dar senso alla vita, alle azioni e valorizzare la società, la famiglia. Gli equilibri socio-economici dipendono da questi valori attuati. Il valore essenziale, antropologico e logico, della vita umana viene trattato da Paolo VI in Humanae vitae, che a momenti non provoca uno scisma grazie alle reazioni teologiche dei H. Kung o K. Rahner, più vicine alle richieste del mondo globale che alla dottrina cattolica. Così i neomaltusiani ebbero spazio e buon gioco nell'imporre il pensiero antinatalità che ci ha portato quasi alla distruzione di un sistema di civiltà.
    Qualche mese fa si lesse sui giornali che il reddito delle famiglie italiane era tornato indietro di 27 anni. No, in realtà era cresciuto illusoriamente in 27 anni, sostituendo la crescita consumistica a una crescita equilibrata della popolazione, nella illusione folle che non facendo figli si sarebbe diventati più ricchi. Ma la natura ha dimostrato il contrario, o persino peggio: senza fare figli non si può neppure più mantenere i vecchi... quelli che hanno decretato la bontà del maltusianesimo. Mancando idee in un tempo di emergenza culturale, idee false appaiono vere.
    TEST PER IL LETTORE: NASCE PRIMA L'UOVO O LA GALLINA?
    Voglio dire: si deve esser ricchi per far famiglia e figli o si diventa ricchi facendo famiglia e figli? Oggi ci si lamenta che una coppia a parità di status professionale, età ecc. guadagni mediamente meno del solo...

    Fri, 24 Jan 2014
  • 14 - Holyart, l'amazon degli articoli religiosi

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7682

    HOLYART, L'AMAZON DEGLI ARTICOLI RELIGIOSI di Paola Belletti
    Arrivo in anticipo presso la sede di Holyart, una grande e bella struttura che si pianta solida nella campagna reggiana solcata dalla A1. È tutto nuovo, ordinato, vivace come l'approccio delle prime persone che vedo. Mi viene incontro Stefano Zanni, fondatore e Ceo di Pulchranet, di cui Holyart è il brand principale. È un'impresa di e-commerce che dal 2006 distribuisce in tutto il mondo articoli religiosi, con un fatturato di 15 milioni di euro: 160 i Paesi raggiunti dalle consegne, 67.000 gli articoli a catalogo, 70 i collaboratori. Lo seguo nella visita agli spazi, 10.000 metri quadrati tra magazzino semi-automatizzato (con capacità logistica fino a 2.000 pacchi a turno) e uffici, sale meeting, spazi comuni, È il più grande hub logistico di articoli religiosi d'Europa. Dall'autostrada il marchio "si legge" inequivocabilmente, quel little bit di inglese lo conosciamo tutti. In un corridoio a piano terra campeggiano i volti di quelli che Zanni definisce senza soggezione i titolari della serie A dell'economia digitale: Jobs, Musk, Zuckerberg, Bezos, etc; Holyart gioca nello stesso campionato, sebbene con dimensioni non paragonabili. «In questo settore le scorciatoie per evitarsi tanti problemi sono relativamente semplici da imboccare», mi dice pensando anche alla spregiudicatezza dei big, «ma io ho deciso di non prenderle».
    La decisione dipende dal fatto che, oltre ad essere inaccettabili, possono alla lunga danneggiare la crescita?
    «La mia decisone di fondo è fare quello che è giusto, del resto non mi devo e non mi voglio preoccupare».
    Algoritmi, Ai, logistica... cosa può restare del romantico fattore umano in tutto questo? E di cattolico? Le cose, una volta avviate, funzioneranno quasi da sole...
    «Uno dei fattori principali che ha costruito e consente il successo di Holyart - più 8% nel 2022, e una crescita che prosegue anche dopo la spinta eccezionale del periodo Covid - è il lavoro di descrizione e correzione continua delle schede articolo».
    Un esempio emblematico?
    «Ho scoperto che la maggioranza dei sacerdoti, dicendo Messa ogni giorno, sa quante particole contiene una pisside solo prendendola in mano, ma se nella scheda legge il diametro, non gli è utile. Ora, dopo averla testata, indichiamo la capienza, il dato che può portare alla decisione d'acquisto, e lo steso avviene per tutto».
    Un continuo lavoro di ascolto clienti, dunque...
    «All'inizio il dialogo è col fornitore, in seguito è soprattutto grazie ai preziosi feedback dei clienti che possiamo migliorare».
    Siamo al 1° piano.
    «Se giù ci sono i fuoriclasse da cui prendiamo la carica, qua invece si prende serenità».
    I volti che costellano questo ambiente in effetti sono un'altra faccenda: Giovanni Bosco, Pio da Petralcina, Piergiorgio Frassati... li ha fatti scegliere ai suoi collaboratori e, tra i ritratti di questi sponsor del successo umano in senso stretto - che cos'è la santità, se non riuscita della nostra vera vocazione? -, c'è un sacerdote non ancora canonizzato a cui deve molto del suo cammino spirituale, don Pietro Margini, fondatore della Familiaris Consortio.
    «Nel nostro customer care sono tutti madrelingua dell'area che ci interessa. In questo settore è fondamentale la dimensione culturale, che non si riduce alla competenza linguistica. Facciamo il 70% di vendite all'estero, i fornitori sono quasi tutti artigiani del made in Italy».
    Dopo la grande abbuffata del periodo Covid, c'è stata una contrazione nel mercato digitale, mentre voi avete continuato a crescere. Qual è la ragione principale che giustifica questa tendenza?
    «Ci siamo concentrati sui clienti già acquisiti. Abbiamo lanciato un servizio premium e fatto investimenti...

    Wed, 31 Jan 2024
  • 13 - Come lo stato vuole appropriarsi dei tuoi beni

    VIDEO: Proprietà privata sotto attacco ➜ https://www.youtube.com/watch?v=9a_OhyVUK4s

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7588

    COME LO STATO VUOLE APPROPRIARSI DEI TUOI BENI di Vanessa Gruosso
    Sabato 3 giugno si è svolta la 111° conferenza del Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese dove abbiamo avuto il piacere di ospitare don Samuele Cecotti, Vice Presidente dell'Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan.
    Il tema della serata è stato l'attacco che viene mosso alla proprietà privata, attraverso la programmata introduzione di una sharing economy, basata sul fatto che nessun cittadino possieda più nulla, ma utilizzi dei beni che verranno utilizzati da altri quando a lui non serviranno più o semplicemente mentre non li sta utilizzando. Il motto "Non possiederai nulla e sarai felice", che ben riassume la sharing economy è stato auspicato dal World Economic Forum, dall'Onu e dall'Unione Europea ed in queste sedi è stato profetizzato che tale obiettivo sarà raggiunto nel 2030.
    Si prefigura una lenta evaporazione della proprietà privata, non con espropri forzati imposti da regimi totalitari espliciti, ma semplicemente attraverso l'applicazione di leggi che sfavoriscono in tutti i modi il possedimento di beni come, ad esempio, una tassazione sempre più alta o vincoli sempre più assurdi da rispettare. Ad esempio si sta parlando di applicare standard ecologici sempre più elevati per le case, che non potranno essere vendute se non adeguate a tali standard.
    LA QUESTIONE FISCALE
    Don Samuele ha approfondito la questione fiscale spiegando che non è lecita moralmente una tassazione più alta del 10%, la quale sarebbe sufficiente se lo Stato si occupasse dei pochi ruoli che gli competono: giustizia, difesa dei confini e ordine pubblico, funzioni diplomatiche. Tutto il resto (la tassazione sugli stipendi dei cittadini, che è più del 50%, è di fatto una forma di esproprio) serve allo Stato per occuparsi di funzioni che non gli appartengono come, ad esempio, la scuola. L'educazione dei figli, infatti, spetta ai genitori, i quali devono occuparsene personalmente o scegliendo qualcuno di loro fiducia. La dottrina sociale della Chiesa spiega con il principio di sussidiarietà che se un ente inferiore è in grado di svolgere una funzione, l'ente superiore non deve intervenire. Quindi, se una famiglia è in grado di provvedere all'istruzione del figlio lo farà da sola; se non è in grado da sola potrebbe unirsi ad altre famiglie e ad esempio formare una scuola parentale. Ma le famiglie non dovrebbero pagare le tasse per l'istruzione pubblica, dato che non è una funzione dello Stato.
    Il diritto dello Stato di chiedere le tasse non è un diritto indiscriminato, bensì indiretto e mediato, ciò significa che non può chiedere tutto ciò che vuole, ma soltanto una collaborazione dei cittadini per le funzioni proprie dell'autorità pubblica che sono quelle vista sopra.
    Se pensiamo poi che le tasse vengono utilizzate anche per fini immorali e dannosi come l'aborto e il cambio sesso che viene finanziato con i nostri soldi, la questione diventa davvero inaccettabile.
    IL PERICOLO DELL'ECONOMIA INCLUSIVA
    Per comprendere la gravità di questa visione di economia inclusiva, ha poi spiegato don Cecotti, dobbiamo comprendere la legittimità oltre che l'importanza della proprietà privata. La proprietà privata si fonda su un diritto iscritto nella natura dell'uomo e l'azione dell'autorità umana dev'essere vincolata a quel diritto. A sua volta il diritto di proprietà privata si fonda sul diritto di giustizia che è "dare a ciascuno il suo". Leone XIII nella Rerum Novarum scriveva che i frutti del lavoro sono di chi ha lavorato. L'uomo infatti attraverso l'azione...

    Tue, 07 Nov 2023
  • 12 - La povertà dei poveri non è colpa dei ricchi

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=845

    LA POVERTA' DEI POVERI NON E' COLPA DEI RICCHI di Piero Gheddo

    La cause radicali della povertà non sono né la colonizzazione, né le multinazionali né l'egoismo dei Paesi ricchi.
    I ricchi del mondo hanno tante responsabilità e colpe, ma non quelle di essere stati la radice della povertà dei popoli poveri.
    Mi fa pena quando leggo su libri e riviste non "popoli poveri" ma "popoli impoveriti". E spiegano che, prima dell'incontro con la colonizzazione occidentale, ad esempio, i popoli africani o gli indios amazzonici, vivevano una vita naturale, felice, pacifica, solidale.
    E' la visione dell'Illuminismo, che non ammetteva il peccato originale: l'uomo nasce buono, la società lo rende cattivo. Ma è una visione ideologica del tutto contraria alla realtà storica.
    Basta leggere le biografie dei primi missionari che sono venuti a contatto con popoli anche prima dell'intervento coloniale. Ad esempio i missionari del Pime sono andati nella Birmania orientale nel 1868, quando la colonizzazione inglese, in quelle regioni abitate da popolazioni tribali che vivevano all'età della pietra (non conoscevano il ferro), è iniziata verso la fine del secolo XIX.
    Ebbene, i missionari scrivevano che le tribù erano continuamente in guerra fra di loro e descrivono la loro vita grama dicendo che era una vita disumana, poco al di sopra di quella degli animali. Altro che "impoveriti"! Anzi i tribali della Birmania si sono evoluti proprio con l'azione dei missionari, che hanno portato la pace, insegnato a fare e coltivare le risaie (prima erano nomadi), aperto le strade e le scuole, portato la medicina moderna, studiato le loro lingue e fatto vocabolari e raccolte di loro proverbi e racconti e via dicendo.
    I "no global" avevano coniato, nel 2001 al G8 di Genova, uno slogan efficace "noi siamo ricchi perché loro sono poveri e loro sono poveri perché noi siamo ricchi". Dico sempre che non si aiutano i poveri raccontando bugie. Come l'altro slogan: "Il 10% della popolazione mondiale consuma il 90% delle risorse ed il 90% degli uomini consumano solo il 10% delle risorse disponibili". Io dico che bisogna correggere così: "il 10% degli uomini producono e consumano il 90% delle risorse, il 90% degli uomini producono e consumano il 10% delle risorse".
    Il problema in radice è che prima bisogna produrre e poi consumare: si consuma se si produce e nei Paesi poveri non si produce abbastanza per mantenere il ritmo di crescita della popolazione.
    L'Africa è passata da 300 milioni di abitanti nel 1960 a più di 800 di oggi, ma l'agricoltura di base è ancora in buona parte ferma all'epoca coloniale. Alcuni "catastrofisti" dicono che ci sono troppi uomini per poter vincere la fame. Non è vero, il Giappone che ha 342 abitanti per chilometro quadrato (l'Italia 194), una delle densità più alte del mondo e in un Paese tutto montagnoso (è coltivabile solo il 19% del territorio) e dal clima infelice, è autosufficiente nel cibo di base che consuma, cioè il riso.
    La fame non deriva dai troppi uomini e donne, ma dal fatto che non sono istruiti, educati a produrre di più, oltre al livello della pura sussistenza.
    Ma questo in Occidente non si vuol sentire perché chiama in causa la nostra vera responsabilità, che non è di non aiutare maggiormente e finanziariamente i Paesi poveri e di non pagare con giustizia le loro materie prime (anche questo, ma non anzitutto questo), bensì di non contribuire ad educarli per diventare autosufficienti, prima di tutto nella produzione di cibo e poi di tutto il resto.
    Il distacco fra ricchi e poveri nel mondo non è anzitutto un fatto economico, ma culturale-politico. Mentre in Europa, dopo secoli di lento cammino verso l'industria e l'agricoltura moderna, siamo giunti ad avere le tecniche, le capacità,...

    Wed, 27 Mar 2019
  • 11 - Brexit, l'Inghilterra non tornerà mai indietro

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7316

    BREXIT, L'INGHILTERRA NON TORNERA' MAI INDIETRO di Giuseppe Brienza
    Il 23 giugno del 2016 quasi 47 milioni di cittadini britannici sono stati chiamati a rispondere al referendum che ha determinato il futuro del loro Paese, detto "Brexit", acronimo formato da British ed exit (uscita dall'Ue). L'affluenza è stata rilevante, il 72,21% di elettori, con un esito piuttosto chiaro: favorevoli all'uscita dall'Unione europea (Leave) il 51,89%, a rimanere nell'UE (Remain) il 48,11%. Nonostante il risultato del referendum non fosse vincolante, il Governo di Londra ha interpretato in maniera determinata l'espressione del voto popolare, anche perché la campagna elettorale è stata accompagnata da un bombardamento politico-mediatico nazionale e internazionale totalmente unilaterale e in favore del Remain.
    I cittadini del Regno Unito hanno dovuto attendere 4 anni e mezzo per ritornare nel pieno possesso della loro sovranità nazionale. Le complessità tecno-burocratiche imposte dai trattati e dalla Commissione europea hanno infatti dato luogo a quella che non pochi hanno definito una strategia dilatoria che, solo il 31 gennaio del 2020, ha consentito alla Gran Bretagna di lasciare formalmente l'Ue. Dico solo formalmente, perché a "10 Downing Street" si sono dovuti ulteriormente sottoporsi ad un periodo di transizione per il definitivo Leave durato ben 11 mesi, con il 31 dicembre del 2020 come data definitiva della "liberazione da Bruxelles".
    Nonostante siano trascorsi dunque soli due anni, da tempo ormai i grandi media nazionali, ripresi acriticamente anche da quelli internazionali, vanno ripetendo che secondo vari sondaggi la Brexit non sarebbe più «di moda». La crisi economica globale starebbe alimentando fra i cittadini britannici «segnali di ripensamento sul divorzio dall'Ue» o, almeno di «delusione su quanto finora conseguito».
    I SONDAGGI SARANNO PRESTO RIBALTATI
    Premesso che il Pil del Regno Unito è cresciuto di circa il 4% nel 2022 [...], è indubbio che quella che sta vivendo in questi mesi è una delle peggiori recessioni tra le economie del G7. L'economia britannica, infatti, secondo l'ultimo aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale è destinata a contrarsi quest'anno dello 0,6 per cento, in un contesto di PIL globale previsto in rialzo al 2,9 per cento. Quello che si evita di rimarcare, però, è che grazie alle misure della manovra di un Paese che ha ripreso in mano le sue politiche economiche, dovrebbe fare presto ritorno alla crescita (dell'1,3%) nel 2024 e del 2,6 e 2,7% nei due anni successivi, secondo le previsioni recentemente annunciate dal cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt, in pratica l'equivalente del nostro ministro dell'Economia e delle finanze.
    In definitiva, quindi, i recenti sondaggi sbandierati sul ripensamento Brexit hanno il fiato corto. Nel senso che in questo particolare momento storico-politico, grazie anche alle campagne degli influencer e degli spin doctors dell'informazione filo-Ue, potrà anche essere che si sta facendo largo «l'idea di un possibile secondo referendum dopo quello vinto dai pro-leave nel 2016». Le cose, però, sono destinate ad invertirsi completamente nel giro di poco più di un anno. Oltretutto sono presentati come "sondaggi" consultazioni di dubbia scientificità statistica come, ad esempio, quello commissionato nel dicembre scorso dal quotidiano online The Independent, secondo il quale a evocare l'ipotesi di una ripetizione del voto sull'Ue sarebbero in questo momento il 65% degli intervistati, contro il 55% dell'anno scorso. Anche a prendere per buoni i risultati, andrebbe comunque correttamente evidenziato che sul ripetere il referendum saranno pure due britannici su tre, ma questa posizione è assai differenziata nei modi. Infatti, secondo i...

    Tue, 14 Feb 2023
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