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Indagini

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Il Post

Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.

75 - Chiavenna - 6 giugno 2000 - Prima parte
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  • 75 - Chiavenna - 6 giugno 2000 - Prima parte

    La sera del 6 giugno 2000 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, venne assassinata una suora, Maria Laura Mainetti. Fu colpita violentemente alla testa più volte, con una pietra, e poi accoltellata. Dopo meno di un mese vennero arrestate e incriminate tre ragazze, due di 17 anni e una di 16. Confessarono velocemente. Fu difficile cercare di comprendere il movente, capire perché tre adolescenti fossero diventate assassine. Sia nel corso delle indagini sia nei processi che seguirono si parlò di satanismo, in particolare di satanismo giovanile, o acido, inteso come massima forma di trasgressione. Furono le tre ragazze a parlare di sedute spiritiche, fascinazione, patti di sangue, riti improvvisati, feroci e grotteschi. Ma parlarono soprattutto di noia, di mancanza di progetti, di ricerca a ogni costo di emozioni, anche le più distruttive e violente. I processi alle tre ragazze di Chiavenna furono seguitissimi e la conclusione provocò notevoli polemiche. La giustizia minorile ha presupposti, modalità e anche entità delle pene diverse dalla Giustizia ordinaria. Al centro delle polemiche furono soprattutto le perizie psichiatriche a cui furono sottoposte le tre indagate. Mentre per gli adulti la capacità di intendere e di volere è presunta, e al limite va dimostrato che non ci sia stata, per la Giustizia minorile avviene di fatto il contrario: la capacità di intendere e di volere va preventivamente dimostrata. Ed è su questo che si incentrarono i processi, con risultati molto diversi tra primo e secondo grado. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    Sun, 01 Dec 2024
  • 74 - Chiavenna - 6 giugno 2000 - Seconda parte

    La sera del 6 giugno 2000 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, venne assassinata una suora, Maria Laura Mainetti. Fu colpita violentemente alla testa più volte, con una pietra, e poi accoltellata. Dopo meno di un mese vennero arrestate e incriminate tre ragazze, due di 17 anni e una di 16. Confessarono velocemente. Fu difficile cercare di comprendere il movente, capire perché tre adolescenti fossero diventate assassine. Sia nel corso delle indagini sia nei processi che seguirono si parlò di satanismo, in particolare di satanismo giovanile, o acido, inteso come massima forma di trasgressione. Furono le tre ragazze a parlare di sedute spiritiche, fascinazione, patti di sangue, riti improvvisati, feroci e grotteschi. Ma parlarono soprattutto di noia, di mancanza di progetti, di ricerca a ogni costo di emozioni, anche le più distruttive e violente. I processi alle tre ragazze di Chiavenna furono seguitissimi e la conclusione provocò notevoli polemiche. La giustizia minorile ha presupposti, modalità e anche entità delle pene diverse dalla Giustizia ordinaria. Al centro delle polemiche furono soprattutto le perizie psichiatriche a cui furono sottoposte le tre indagate. Mentre per gli adulti la capacità di intendere e di volere è presunta, e al limite va dimostrato che non ci sia stata, per la Giustizia minorile avviene di fatto il contrario: la capacità di intendere e di volere va preventivamente dimostrata. Ed è su questo che si incentrarono i processi, con risultati molto diversi tra primo e secondo grado. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    Sun, 01 Dec 2024
  • 73 - Chiavari, 6 maggio 1996 – Prima parte

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Il 6 maggio 1996 a Chiavari, in provincia di Genova, fu assassinata una ragazza, Nada Cella. Aveva 24 anni. Fu uccisa nello studio di commercialista dove lavorava da cinque anni. Ai soccorritori fu comunicato che si era trattato di un incidente, il luogo dove era avvenuto il delitto non fu preservato, la scena del crimine fu irrimediabilmente contaminata, addirittura furono pulite con straccio e spazzolone le macchie di sangue trovate sul pianerottolo e sulle scale. L’arma del delitto non è mai stata trovata. L’omicidio di Nada Cella presentava molte caratteristiche in comune con quello di Simonetta Cesaroni, avvenuto in via Poma, a Roma, sei anni prima. Le indagini a Chiavari si concentrarono sul datore di lavoro della ragazza, il commercialista Marco Soracco, ma l’inchiesta non portò a nulla. Altre piste, e soprattutto una, furono sottovalutate o non considerate. L’omicidio di Nada Cella divenne così un cold case, un caso freddo, irrisolto. Solo nel 2021 l’inchiesta è stata ufficialmente riaperta. È stato chiesto il rinvio a giudizio di una donna, già indagata nel 1996, ma la richiesta è stata respinta dalla giudice per le indagini preliminari. Contro quella decisione la pubblico ministero che ha condotto la nuova indagine ha presentato appello. Il caso dell’omicidio di Nada Cella è ancora, ufficialmente, aperto. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    Fri, 01 Nov 2024
  • 72 - Chiavari, 6 maggio 1996 – Seconda parte

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Il 6 maggio 1996 a Chiavari, in provincia di Genova, fu assassinata una ragazza, Nada Cella. Aveva 24 anni. Fu uccisa nello studio di commercialista dove lavorava da cinque anni. Ai soccorritori fu comunicato che si era trattato di un incidente, il luogo dove era avvenuto il delitto non fu preservato, la scena del crimine fu irrimediabilmente contaminata, addirittura furono pulite con straccio e spazzolone le macchie di sangue trovate sul pianerottolo e sulle scale. L’arma del delitto non è mai stata trovata. L’omicidio di Nada Cella presentava molte caratteristiche in comune con quello di Simonetta Cesaroni, avvenuto in via Poma, a Roma, sei anni prima. Le indagini a Chiavari si concentrarono sul datore di lavoro della ragazza, il commercialista Marco Soracco, ma l’inchiesta non portò a nulla. Altre piste, e soprattutto una, furono sottovalutate o non considerate. L’omicidio di Nada Cella divenne così un cold case, un caso freddo, irrisolto. Solo nel 2021 l’inchiesta è stata ufficialmente riaperta. È stato chiesto il rinvio a giudizio di una donna, già indagata nel 1996, ma la richiesta è stata respinta dalla giudice per le indagini preliminari. Contro quella decisione la pubblico ministero che ha condotto la nuova indagine ha presentato appello. Il caso dell’omicidio di Nada Cella è ancora, ufficialmente, aperto. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    Fri, 01 Nov 2024
  • 71 - Giarre, 17 ottobre 1980

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Il 17 ottobre 1980 due ragazzi scomparvero a Giarre, in provincia di Catania: in città li chiamavano “gli ziti”, i fidanzati. Erano Giorgio Agatino Giammona, di 25 anni, e Antonio Galatola, di 15. I loro corpi vennero ritrovati il 31 ottobre in una zona, la Vigna del Principe, che era stata perlustrata nei giorni precedenti senza risultati. I giornali parlarono inizialmente di un doppio suicidio con il veleno. Dall’autopsia emerse che invece erano entrambi morti per colpi di pistola alla testa. Si parlò allora di omicidio-suicidio: il più grande, Giorgio Agatino Giammona, che in città era definito "puppu cu bullu", e cioè omosessuale patentato, aveva, secondo le cronache, ucciso Antonio Galatola per poi spararsi. La pistola venne però ritrovata distante dai corpi, parzialmente interrata. Dovette essere esclusa quindi anche l’ipotesi dell’omicidio-suicidio. Il giorno dei funerali, separati per volere delle famiglie, ci fu una confessione: Ciccio Messina, tredicenne, nipote di Galatola, disse di aver sparato ai due ragazzi e che erano stati loro stessi a chiedergli di farlo. Poi Messina ritrattò, disse che era stato obbligato a confessare ma le indagini vennero comunque dichiarate chiuse. Anche se lo stesso magistrato a cui per primo era stato assegnato il caso aveva molti dubbi sulla sua ricostruzione. Ciccio Messina aveva meno di 14 anni e quindi non era imputabile. Quel delitto provocò una forte reazione del movimento per i diritti delle coppie omosessuali e proprio dopo i fatti di Giarre nacque, in Sicilia, l’Arcigay che divenne più tardi movimento nazionale. In città, invece, di Giorgio Agatino Giammona e di Antonio Galatola non si parlò più. Solo recentemente è emersa fortemente una nuova ipotesi. Quello dei due ragazzi sarebbe stato un delitto omofobo ma anche d’onore. Qualcuno, all’interno delle due famiglie, non sopportava che Giorgio e Antonio si comportassero come una coppia, addirittura andando in giro mano nella mano, gettando così disonore sulle famiglie stesse. E Ciccio Messina sarebbe stato solo il capro espiatorio da sacrificare, perché non processabile. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    Thu, 10 Oct 2024
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